Cosa sono le cellule staminali? A cosa servono? Innanzitutto le cellule staminali sono cellule primitive, non specializzate, dotate della capacità di trasformarsi in diversi altri tipi di cellule del corpo. Proprio per questo sono studiate da ricercatori per curare malattie grazie alla loro malleabilità. Ma le cellule staminali corrono il rischio di essere rigettate…

Come fare allora? I ricercatori hanno ottenuto le prime cellule staminali anti-rigetto: rese ‘invisibili’ al sistema immunitario, che in questo modo non le rifiuta.

Proprio per ricercare questa importantissima caratteristica sono riusciti per la prima volta a coltivare in provetta delle cellule staminali capaci di rigenerare l’epitelio olfattivo del naso: l’esperimento, condotto per ora con cellule di topo, è un’importante prova che consente la possibilità di sviluppare nuove terapie di medicina rigenerativa per ripristinare il senso dell’olfatto alterato – o perfino cancellato – da invecchiamento, fumo, lesioni ed effetti collaterali di farmaci. A indicarlo è lo studio pubblicato sulla rivista Stem Cell Reports dai ricercatori della Tufts University nel Massachusetts.

L’epitelio olfattivo del naso contiene due tipi di staminali: le cellule basali globose (Gbc) e le cellule basali orizzontali (Hbc). Le prime, che producono nuove cellule per rimpiazzare quelle perse durante il normale ciclo, possono già essere coltivate in provetta, mentre le seconde, che restano dormienti fino a quando l’epitelio olfattivo non viene danneggiato, sono sempre state molto difficili da crescere ed espandere in laboratorio. Per superare questo ostacolo, i ricercatori statunitensi hanno preso in prestito alcune tecniche di coltivazione già usate per le staminali del sistema respiratorio.

“Una volta stabilito che potevano crescere, abbiamo provato a vedere se potevano rigenerare il tessuto danneggiato e così è stato, ma siamo riusciti anche ad avviare il processo di differenziazione nei diversi tipi di cellule dell’epitelio olfattivo” dice James Schwob, “Le staminali Hbc coltivate in provetta rimanevano inattive come quelle in vivo, ma siamo riusciti ad attivarle”